Micro-brand emergenti: come diventare una fonte in ecosistemi dominati dai big

Paradossalmente, reputo che oggi, nonostante gli allarmismi generati dalla vistosa presenza dell’AI in tutti i settori, i piccoli brand abbiano più opportunità online rispetto a qualche anno fa. È ciò che osservo da tempo e che continuo a vedere confermato. Questo non significa che sia “facile” conquistare la meritata visibilità, ma non è impossibile – anzi, per chi parte con il piede giusto oggi, potrebbe essere persino “più semplice”.

In un contesto digitale sempre più dinamico, le possibilità di conquistare nicchie specifiche e costruire relazioni autentiche con il pubblico sono, a mio avviso, addirittura aumentate.
Google, in un recente video intitolato SEO for small businesses, ha ribadito alcuni concetti  fondamentali: “non esiste una strategia valida per tutti” e “i risultati dipendono dal punto di partenza”. Questo vale soprattutto per i micro-brand, che possono (e devono) costruire un percorso su misura, fondato su obiettivi concreti come aumentare visite, contatti qualificati e/o vendite dirette.

Ciò che può realmente renderli competitivi rispetto ai grandi brand è la capacità di creare un rapporto diretto, autentico e continuo con il proprio pubblico. Per un micro-brand, chiedere a un cliente come mi hai trovato, cosa cercavi, cosa ti aspettavi non è un processo complesso: è parte naturale della relazione. E questo dialogo diventa una miniera di insight preziosi, da cui trarre spunti SEO orientati agli obiettivi reali: e l’obiettivo non dovrebbe mai essere il posizionamento fine a sé stesso.

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Le persone usano (ancora) i motori di ricerca per scoprire nuovi brand

I motori di ricerca restano la principale fonte di scoperta di nuovi brand, prodotti e servizi per gli utenti internet in Italia (Q3 2024), con il 40% delle preferenze. Seguono la pubblicità televisiva (35,1%) e il passaparola (30%), che confermano l’importanza della fiducia nelle scelte d’acquisto. 

Fonti più comuni per nuovi brand, prodotti e scoperta di servizi per gli utenti italiani nel terzo trimestre del 2024 - statista.com

Per un sito che mira a diventare un brand seppur “micro”, è quindi determinante investire sulla visibilità organica. Qui può dare vita alla sua “nicchia” senza impiegare i grandi budget richiesti invece dalla TV, ad esempio, ma producendo contenuti mirati, presidiando la propria reputazione online al fine di diventare una fonte credibile e riconosciuta per il suo settore.

I prodotti di nicchia: se il focus diventa un vantaggio

Facciamo un esempio concreto: la ricerca “profumi di nicchia”, che secondo i dati di SISTRIX registra circa 2.700 ricerche mensili con un trend in crescita (+25%)

Non si tratta di un volume di ricerche enorme, ma se guardiamo all’intento di ricerca, il discorso cambia. E infatti a prevelare è l’intento “Do” (cioè orientato all’azione/acquisto).

E il costo per click è per altro un indicatore utile per validare l’intento “Do”; con un CPC di 0,90 € suggerisce chiaramente che c’è competizione pubblicitaria perché gli inserzionisti ritengono quella parola chiave piuttosto vicina alla conversione.

Dettagli relativi alla keyword "profumi di nicchia" su SISTRIX

Quali altri ricerche correlate hanno lo stesso o maggiore CPC?

Proviamo a dare un’occhiata Keyword Environment filtrando proprio per CPC (tra 2 e 5), ecco quelle che ci possono quantomeno “far riflettere”:

  • Recensioni
  • Grossisti
  • Distributori

Le chiavi che vengono fuori dal filtro applicato hanno volumi bassi ma CPC che va da 2,40 a 2,80.

Ipotizziamo di aver fatto già l’analisi di benchmarking SEO e siccome, come abbiamo detto, non siamo un marketplace di rivendita, avremo già scartato quelli che non possiamo definire realmente nostri reali competitor. Assumiamo che un buon competitor possa essere www.laboratorioolfattivo.com e questo perché non rivende profumi di altre marche (non ci sarebbe nulla di male, semplicemente si tratterebbe di un altro obiettivo), ma invece li crea proprio.

Sapete quali sono le query con il maggior volume per questo dominio che nel tempo è diventato un brand? Quelle legate al brand.

Solo per citarne alcune analizzate contemporaneamente: 

Analisi di più keyword in contemporanea su SISTRIX
Esempio di keyword di brand analizzate in contemporanea su SISTRIX

Ovviamente appena “nato” un brand non può essere cercato, è necessario “stimolare” la ricerca in primis (ma non solo!) con al SEO.

Il grafico per esempio mostra l’evoluzione della ricerca per il “nome” che di fatto è ad oggi un brand di profumi di nicchia.

Volume di ricerca della keyword "laboratorio olfattivo"

Diventare un micro-brand

Ok, dobbiamo diventare un brand, è chiaro. E cosa ci occorre ad oggi?
La SEO come base imprescindibile, perché dicevamo: un brand quando nasce non viene cercato, vengono cercate le soluzioni a cui offre risposta attraverso i suoi prodotti e servizi.

Vendere sui market place: si o no?
Laboratorio olfattivo lo fa ad esempio, vende su siti specifici che quindi fanno anche ads. Non so e non ho indagato così nel dettaglio da sapere da quando. Di fatto vende anche su store specializzati. 

Ok, dobbiamo diventare un brand, è chiaro. Ma cosa ci serve oggi, davvero?
La SEO è una base imprescindibile. Perché – come dicevamo – un brand appena nato non viene cercato in quanto tale: vengono cercate le soluzioni, le risposte, i benefici che i suoi prodotti o servizi promettono.
Essere presenti nella SERP quando le persone cercano quella soluzione, quel problema, quel desiderio, è il primo passo per iniziare a costruire quella relazione di cui sopra. 

Visibilità e posizionamento non bastano: serve un’identità che accompagni l’utente nel tempo e diventi riconoscibile. Insomma, un brand (micro e non) non nasce solo dal prodotto, ma da come quel prodotto riesce a raccontarlo.

Vendere sui marketplace: sì o no?

Dipende dalla strategia.
Laboratorio Olfattivo, per esempio, vende anche su store di terze parti, alcuni dei quali investono in advertising. Il punto interessante qui è comprendere che non è la vendita esterna a “fare il brand” nè a comprometterlo.

Il marketplace può essere un canale strategico per ottenere visibilità, ma non dovrebbe mai sostituire la costruzione di una propria identità. Anzi, personalmente trovo che l’utilizzo di marketplace – in linea con il prodotto – (quindi non generici per intenderci) possa tornare utile in diversi modi, ad esempio per validare (o meno) l’interesse commerciale di alcune linee.

AI Overviews in qualche modo facilita la vita

Scrivevo sopra come “i piccoli brand abbiano più opportunità online rispetto a qualche anno fa”.
E infatti cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno: strumenti come SISTRIX permettono oggi di capire con maggior precisione cosa si aspetta il motore di ricerca da una pagina e quali aspetti semantici considera rilevanti.

Riprendendo l’esempio dei profumi di nicchia, abbiamo visto che:

  • il brand di riferimento ottiene traffico perché viene cercato (branding forte);
  • la keyword “profumi di nicchia” ha potenziale di conversione ma vede in SERP la presenza soprattutto di marketplace.

Ma cosa ci “dice” AI Overview su questo argomento?

 Iniziamo a esplorare dalla SERP Mobile per la ricerca “cosa sono i profumi di nicchia”.

Avremo un testo generato dall’AI ed entità collegate, in questo caso l’entità collegata è Personalità.

Soffermiamoci intanto sul testo generato dall’AI: qui vengono sottolineati valori come qualità, esclusività, esperienza sensoriale e, punto chiave, una entity: la Personalità (cerchiata in verde).
Questo ci suggerisce come l’elemento emozionale ed esperienziale sia centrale nella “percezione” dell’argomento da parte di Google. Si tratta di un collegamento tra le caratteristiche distintive del prodotto e i concetti astratti legati a quel prodotto.

La schermata di SISTRIX continua con il box PAA e anche in questo caso possiamo trarre delle considerazioni utili:

PAA della keyword "cosa sono i profumi di nicchia"

Le persone hanno bisogno di essere in qualche modo rassicurate:

  • il prezzo alto, se non spiegato, può generare diffidenza (per tutti i prodotti, non solo i profumi);
  • la trasparenza diventa un vero e proprio asset di “posizionamento”.

Tradotto in azioni, si tratta di creare content utile a educare il pubblico sul valore reale del prodotto e sul “dietro le quinte” ovvero contenuti lontani milioni di anni da quelli prodotti solo per rintracciare una chiave di ricerca o “riempire” un vuoto.

Conclusioni e chiarimenti 

Come di consueto, nessun sito è stato maltrattato e non mi occupo dei siti web qui citati. Semplicemente è utile prendere come riferimento dei casi pratici.
Una cosa, però, ci tengo a sottolinearla: qualcuno potrebbe domandarsi “ma che c’entra il CPC con la SEO?” (come visto sopra).
C’entra eccome. Così come c’entra assolutamente e anzi è quasi obbligatorio ci sia sempre un dialogo tra chi gestisce le campagne ADV e chi si occupa di SEO.
Nel caso di un micro-brand agli inizi, partire fin da subito con una visione integrata – anche su keyword, intenti e canali – non è solo una buona pratica: può fare davvero la differenza.

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