L’11 marzo 2019 Google ha pubblicato un articolo relativo alla modalità corretta per inserire la data all’interno di una pagina web. Che voglia contrastare attivamente i furbetti che sfruttano questo parametro per posizionarsi?
Cosa dice Google? Un breve riassunto dell’articolo
Il post pubblicato sul blog ufficiale spiega nel dettaglio le modalità più efficaci per permettere al motore di ricerca di comprendere esattamente quando una determinata pagina web è stata pubblicata e aggiornata, parametro fondamentale soprattutto per i siti di notizie.
Oltre ai dati strutturati, Google guarda numerosi altri fattori per riconoscere la data di una pagina. Per aiutarlo in questo compito, viene consigliato di:
- inserire una data ben chiara e in posizione prominente nella pagina, preferibilmente tra il titolo e il testo dell’articolo;
- usare lo schema
datePublished
edateModified
con il fuso orario corretto, usando l’ISO 8601 format; - mostrare eventuali orari o date di aggiornamento della pagina;
- usare la stessa data sia nei dati strutturati, sia nella parte visibile della pagina;
- evitare di usare altre date, oltre a quella relativa all’articolo.
L’avvertimento ai “furbetti”
All’interno di questo articolo Google tratta un tema interessante:
“Se un articolo è stato sostanzialmente modificato, ha senso impostare una data e un orario aggiornati. Tuttavia, evita di aggiornare artificialmente una storia (…). Inoltre, non creare una storia leggermente modificata a partire da una già pubblicata, cancellando poi la storia vecchia e reindirizzando a quella nuova. Si tratta infatti di una violazione delle nostre linee guida sugli URL.”
Sembrerebbe che numerosi siti web abbiano sfruttato questo tipo di procedura per cavalcare i posizionamenti organici e i Ranking di Google News. Per far capire meglio di cosa stiamo parlando, prendiamo in considerazione un esempio.
Il caso di tpi.it
Il sito di notizie tpi.it, che appariva tra i nostri domini vincenti del 2018, attua molto spesso questo tipo di strategia.
Se prendiamo, ad esempio, la keyword “favoreggiamento immigrazione clandestina“, vediamo che il sito si posiziona da tempo nella prima pagina di google.it, a differenza dei suoi concorrenti.
Dando però uno sguardo all’URL, notiamo che la data contenuta al suo interno viene periodicamente modificata a partire daottobre 2018.
Il contenuto, però, è sempre lo stesso, come mostrato da Wayback Machine.
Non si tratta di un caso isolato: dalla sezione del Toolbox chiamata “Cambiamenti di URL” emerge che, nel giro di una settimana, ben 12.231 URL sono stati modificati e quasi tutti nello stesso modo.
Una brusca frenata nei Ranking
Curiosamente, proprio a partire da un paio di settimane, il sito tpi.it ha perso quasi il 50% della sua visibilità.
Non solo: a partire dall’inizio dell’anno, il sito ha perso ben 17.420 keyword Top-100 e 3.000 Top-10.
Conclusione: Google sta prendendo (o prenderà) provvedimenti?
È difficile dire con certezza se il sito tpi.it sia stato in qualche modo “penalizzato” da questo uso degli URL, che Google reputa scorretto perché contrario alle sue linee guida, oppure se si tratti di una casualità data da modifiche tecniche sul sito.
Sicuramente il fatto che Google abbia esplicitamente formulato un simile avvertimento indica che si tratta di un processo diffuso e usato da numerosi siti di notizie, e non solo in Italia:
Nei prossimi mesi sarà interessante comprovare se il motore di ricerca si sta effettivamente attivando per contrastare questo tipo di pratica, che fino ad adesso sembrerebbe essere passata “inosservata”.