Immaginate se da domani l’attività più frequente che fate in una settimana diventasse se non impossibile, estremamente complessa. Per esempio, se andando al supermercato trovaste improvvisamente etichette con nomi sconosciuti o elenchi di ingredienti mai sentiti prima. E immaginate se ogni volta che tornate al supermercato quei nomi cambiassero continuamente: orientarsi sarebbe difficile per chiunque.
Allo stesso modo, sul web, incontrare barriere significa non poter accedere a informazioni o servizi. Spesso si riduce il concetto di disabilità a quella visiva, ma in realtà le difficoltà possono riguardare anche comprensione del testo, interazione con i moduli e utilizzo di strumenti tecnologici. Non a caso la normativa italiana ed europea in tema di accessibilità digitale chiede che siano rispettati requisiti che vanno oltre l’aspetto visivo, includendo anche chiarezza e leggibilità dei contenuti.
E qui entra in gioco – anche – la SEO. Possiamo riassumere in modo molto semplice dicendo che i punti di contatto tra accessibilità e ottimizzazione sono sia tecnici che contenutistici. In entrambi i casi, l’obiettivo è rendere le informazioni più facili da trovare, comprendere e utilizzare.
Breve ma vitale premessa.
Un check SEO su questi aspetti può essere solo superficiale e ovviamente correlato ai meri punti di contatto tra SEO e accessibilità. Tuttavia, rappresenta già un passo avanti e può contribuire a stimolare la sensibilità e a ricordare che siamo persone, non bot.
Tuttavia, la conformità “certificata” richiede l’intervento di professionisti specializzati in accessibilità digitale, soprattutto alla luce dell’European Accessibility Act.
E comunque, intanto, per approfondire, un buon e importante punto di riferimento sono le linee guida AgID sull’accessibilità e la guida base di SISTRIX: Cos’è l’accessibilità sul web?
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I punti di contatto tra SEO e accessibilità
Pensiamo anche solo velocemente ad alt nelle immagini, testo nascosto, formattazione, semantica (intesa come HTML semantico), intestazioni Hx, anchor text, leggibilità, mappa HTML.
Sono concetti ben noti nella SEO, giusto?
Ecco, nello European Accessibility Act troviamo (almeno) questi punti riconducibili all’esperienza utente:
- leggibilità (caratteri adeguati, buon contrasto e spaziatura regolabile tra lettere, righe e paragrafi);
- Testo alternativo per contenuti non testuali;
- Testo comprensibile (usare gli stessi termini per chiamare la stessa cosa, creare una struttura chiara per facilitare comprensione);
- Etichette e sottotitoli.
E ulteriori declinazioni attribuibili a:
- anchor text descrittivi;
- breadcrumb coerenti;
- mappa HTML.
E anche guardando sia alle pratiche di accessibilità di Web.dev di Google (e ricordiamo che Lighthouse ha uno score dedicato all’accessibilità) sia di DevTools di Firefox (con lo strumento “Analisi proprietà accessibilità“) noterete riferimenti che sono assolutamente pertinenti con la SEO. Aggiungo ovviamente anche Screaming Frog con l’Accessibility tab.
Cosa puoi fare – subito – con SISTRIX
Il tipo di analisi che è possibile fare, per quanto ovviamente non approfondita, è però molto veloce e offre un immediato “colpo d’occhio” su quelli che abbiamo visto essere i punti principali (condivisi da più parti), questo con la Panoramica del progetto. (Per altro qui è possibile anche indagare una singola URL: immaginate di dover focalizzare l’analisi su un tipo di “template” di pagina).

Mettiamo poi che a seguito dalla vostra segnalazione, per esempio, sulla mancanza dei contenuti alternativi vi dicano che il “problema è risolto”. Per verificare (perché, credetemi, dobbiamo sempre verificare) possiamo riavviare il crawler e, appunto, verificare.
Nel dettaglio delle singole voci dell’analisi onpage, sicuramente quelli in celeste (nell’immagine sotto) sono gli elementi che potete indagare da subito, per questo scopo. Ogni elemento contiene ovviamente ulteriori voci associate (https://www.sistrix.it/tutorials/ottimizzazione-onpage-con-loptimizer-sistrix/).

In questo caso, esistono implicazioni dirette e indirette per l’accessibilità. Facciamo giusto qualche esempio.
In Onpage, il contenuto alternativo mancante è decisamente importante. La 404 – di per sé – non è affatto detto che sia un problema SEO ma può esserlo per l’accessibilità se mal gestita sia graficamente che tecnicamente (a tal proposito ricordo solo che nelle Linee Guida dei Quality Raters si parla di pagine 404 “di qualità”).
La meta name description seppur non ha un impatto SEO diretto, qualora venisse a mancare o non fosse corretta potrebbe dare problemi nel caso in cui si usassero sintetizzatori vocali (idem per URL illeggibili).
Ma mettiamo pure che la meta name description sia stata compilata ma che però non corrisponda al reale contenuto della pagina: questo è un problema e SEO (a lungo andare, cfr. bounce rate/segnale utente) e di accessibilità.
In pratica, riassumendo:
- Pagina non trovata: 404 Not Found
- Pagina 404 difettosa
- Meta-Description mancante / vuota / troppo corta / troppo lunga / identiche / multiple
- Title Tag mancante / vuoto / troppo lungo / identico / multiplo
- Tag H1 mancante / vuoto / identico / multiplo
- Poco contenuto disponibile
- Pagina con testo segnaposto
- Attributo Alt mancante
- Attributo Alt vuoto
- Contenuti nascosti (gestiti male)
- Moduli su pagine non sicure
- Sintassi errata negli URL
- Pagine senza link interni in entrata
- Nessun link trovato
- Link senza destinazione
- Molti link interni (se non strutturati e su questo vi invito a leggere l’articolo sui link interni)
- Immagine non trovata/troppo grande/difettosa/reindirizzata
- File CSS non trovato / difettoso
- File Javascript non trovato / difettoso
- Tempi di caricamento elevati
2 Domande all’esperto di accessibilità, Manfredi Annibaldis
Il nome di Manfredi Annibaldis è circolato nel gruppo di “SEO addicted” di cui faccio parte (Search Foundry) già diverso tempo fa. È COO e Head of Technical Department in Iride, fondatore di accessibilitadigitale.com, con oltre quindici anni di esperienza su progetti digitali centrati su accessibilità e usabilità.
Ho quindi pensato che, anche per essere coerente con quanto scrivo e penso da sempre (cfr. Breve ma vitale premessa – servono i professionisti) sarebbe stato utile avere un suo punto di vista proprio sul connubio SEO e Accessibilità; ed ecco le due domande che gli ho posto e le sue risposte.
1) Nel tuo lavoro ti è mai capitato che richieste di SEO si sovrapponessero a requisiti di accessibilità? Come hai gestito questo punto di incontro/scontro?
Sì, succede spesso e non è un caso, perché SEO e accessibilità partono dallo stesso terreno.
Titoli ben strutturati, testi alternativi efficaci, un uso corretto del markup sono elementi che permettono a un motore di ricerca di leggere meglio i contenuti e, nello stesso tempo, consentono a una persona con disabilità di accedervi senza ostacoli.
Il conflitto nasce quando entra in gioco la scorciatoia progettuale, quando si cerca la soluzione più rapida per sistemare il layout sacrificando sia la visibilità sia l’esperienza d’uso. L’esempio classico è quello dei grandi banner che contengono il testo dentro l’immagine: una scelta apparentemente comoda per il design, ma che annulla ogni beneficio sia per Google sia per chi utilizza un lettore di schermo.
La soluzione non è scegliere una priorità, ma lavorare con accorgimenti tecnici che permettono di far convivere entrambe le esigenze. Overlay gestiti via CSS, contrasti studiati con attenzione, strutture logiche pensate per la navigazione.
È lì che si trova l’equilibrio, e quando il lavoro è fatto bene non esiste davvero uno scontro.
2) Le linee guida tecniche sull’accessibilità sono abbastanza chiare, ma secondo la tua esperienza, qual è l’errore più sottile e meno evidente che anche siti ben progettati commettono e che invece ha un grande impatto sulle persone con disabilità?
L’errore più frequente è credere che l’accessibilità coincida con l’adempimento delle WCAG.
Seguendo questa logica si finisce con il creare siti che sulla carta sono conformi, ma che nell’uso quotidiano diventano difficili o addirittura frustranti. È nell’esperienza reale che emergono i problemi.
La navigazione da tastiera spesso si trasforma in un percorso a ostacoli, i contrasti funzionano soltanto in condizioni ideali, i testi alternativi descrivono senza chiarire, i form generano confusione con etichette poco chiare, i link isolati risultano privi di significato. Sono dettagli che non impediscono di superare un test automatico, ma che rendono l’esperienza complessiva poco accessibile.
L’aspetto più subdolo è proprio questo, confondere la conformità tecnica con l’accessibilità vissuta.
La prima è necessaria, ma la seconda è quella che cambia davvero la vita delle persone.
Conclusioni
Rendere i contenuti fruibili per il maggior numero di persone è compito dell’accessibilità ma la SEO ha certamente dei punti comuni con questa disciplina così come per l’usabilità. È possibile, abbiamo visto, evidenziare rapidamente alcuni aspetti tecnici che hanno effetti diretti e indiretti sull’accessibilità avvalendoci di strumenti come SISTRIX con l’obiettivo stimolare consapevolezza ma anche evidenziare miglioramenti.
Delle risposte di Manfredi mi porto sicuramente dietro due frasi che a mio avviso sono perfettamente applicabili, in generale, anche alla SEO (e non solo):
Il conflitto nasce quando entra in gioco la scorciatoia progettuale, quando si cerca la soluzione più rapida …
Pensiamo a tutte quelle “scorciatoie” (un paio di “classiche” scorciatoie: l’uso improprio degli heading, mille milioni di redirezioni verso la home, contenuti riempitivi) adottate per pigrizia.
È nell’esperienza reale che emergono i problemi …
Pensiamo a quanto un sito web possa sembrare perfetto dopo un audit tecnico, ma solo osservando il comportamento reale degli utenti emergono invece criticità.
Riassumo il riassunto: prendiamoci “cura” dei siti web perché a usarli davvero sono le persone.
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