Cos’è l’intento di ricerca?

L’intento di ricerca è il bisogno finale ed implicito di un utente che effettua una ricerca online. Si tratta di un concetto che Google categorizza in tipi differenti: l’utente può infatti cercare una query perché desidera sapere qualcosa (Know), compiere un’azione (Do), accedere ad un dato sito (Website), recarsi in un luogo (Visit in Person), oppure un insieme delle intenzioni precedenti (Multi-Intent). In questo articolo ti forniremo maggiori informazioni su ciascuna di esse e dei consigli utili su come sfruttarle.

Il tuo scopo è di convertire i tuoi utenti in clienti: hai puntato sulle keyword giuste, aggiunto call-to-action e scritto contenuti utili, eppure i tuoi ranking non migliorano.

Organizzare i contenuti del tuo sito in modo che ogni pagina risponda ai bisogni del tuo pubblico-target è il punto focale dell’intento di ricerca.

Cosa significa “Intento di ricerca”?

L’intento di ricerca, conosciuto anche come “Search Intent”, è il termine SEO per indicare lo scopo finale di una ricerca online: in altre parole, l’intento di ricerca è la ragione per cui un utente cerca una specifica parola, frase o domanda utilizzando i motori di ricerca.

Ad esempio, un utente che cerca la query “come tagliare un’ananas” preferirà sicuramente un tutorial step-by-step su come tagliare e servire questo frutto a un articolo di mille parole che parla della storia delle piante di ananas.

Nel caso in cui l’utente atterrasse su un sito che parla di un contenuto differente da quello cercato (la storia delle piante di ananas, ad esempio), farà in fretta ad abbandonarlo: la velocità con cui un utente abbandona una pagina web è definita in termini tecnici “Bounce Rate”.

Quando si tratta di capire quale sia l’intento di ricerca di un utente, ci sono due fonti che possono fornire informazioni.

La prima è uno studio molto citato nel panorama SEO e ancora oggi frequentemente utilizzato. Lo studio Determining the informational, navigational, and transactional intent of Web queries della Penn State University fa riferimento alla definizione data da Rose e Levinson (2004) – che a loro volta si sono riferiti a Broder (2002) – e distingue gli intenti di ricerca in tre diverse categorie: informative (voglio sapere qualcosa), transazionali (voglio fare qualcosa) e di navigazione (voglio andare in un certo posto).

La seconda fonte è Google stesso. Nelle Search Quality Evaluator Guidelines, al punto 12.7 “Understanding User Intent”, Google divide l’intento di ricerca in 4 categorie.

Ricerche Know

Le ricerche Know, o informative, indicano che l’utente vuole informarsi riguardo ad un argomento. Questo tipo di ricerche implica che l’utente sia da poco venuto a contatto con un determinato tema e quindi desideri approfondire le sue conoscenze a riguardo.

I contenuti tipici di queste ricerche sono i manuali, i tutorial e le FAQ.

Esempi di ricerche Know:

  • “cosa è un’ananas?”
  • “SEO”
  • “spiagge più belle d’italia”
  • “ricetta torta di mele”

Una variazione delle ricerche Know sono le cosiddette ricerche “Know-Simple“, per le quali esiste solo una risposta precisa e concisa (ad esempio, “che ore sono?” oppure “costo di una raccomandata”). Queste ricerche – come descritto nelle Quality Rater Guidelines – riguardano fatti, diagrammi e simili che “si adattano in modo corretto e completo, in 1-2 frasi o in un breve elenco, allo schermo di un cellulare”.

Ricerche Do

Secondo Google, le ricerche Do sono quelle che puntano a “raggiungere un obiettivo o a compiere un’azione (da mobile)”.

Non si tratta solo di intenti di ricerca transazionali perché possono concernere, ad esempio, anche il download di un’applicazione o l’apertura di un sito. Qualsiasi tipo d’interazione con un sito o un’applicazione rientra nelle ricerche Do, così come un atto commerciale di acquisto.

I contenuti che rispondono a questo tipo di ricerche sono, ad esempio, le pagine di prodotti.

Esempi di ricerche Do:

  • “caricatore samsung economico”
  • “biglietti concerto ligabue”
  • “codice sconto libri usati”
  • “scarpe trekking numero 39”

Anche le ricerche Do possiedono una sottocategoria, chiamata “Device Action“, in cui rientrano tutte le azioni per le quali è necessario un dispositivo mobile per compiere una determinata azione, come le richieste in vivavoce compiute in auto, che hanno una chiara intenzione e una parola d’ordine, come “Ok Google, chiama mamma”.

Ricerche Website

Nelle ricerche Website, l’utente vuole accedere ad uno specifico sito o ad una sottopagina di esso. Sono quindi molto simili alle ricerche navigazionali, siccome l’azione avviene sempre in relazione ad una determinata pagina.

Una ricerca Website potrebbe ad esempio essere la semplice query “Facebook”, ma anche query di brand come “polo verde lacoste”.

Ricerche Visit in Person

Per questo tipo di ricerche Google prende soprattutto in considerazione l’uso di dispositivi mobili: si tratta ad esempio della ricerca di bancomat, ristoranti, distributori di benzina, e di tutte quelle locali.

A Google non importa se l’utente richiede risultati specifici per un luogo nelle vicinanze (“Dove si trova il distributore più vicino?”), oppure se la domanda riguarda implicitamente lo spazio in cui si trova (se cerco, ad esempio, “parrucchiere”, desidero normalmente andare a tagliarmi i capelli). Si tratta quindi di ricerche fortemente collegate alle integrazioni di Google Maps.

Google ha però ammesso che per alcune query è molto difficile capire se l’utente vuole semplicemente accedere ad un sito (ricerca Website) oppure dirigersi ad una filiale di un negozio (ricerca Visit In Person). È il caso ad esempio di marchi conosciuti, come “Intesa San Paolo”, “Ikea” o “Apple Store”, che hanno una presenza sia online sia offline.

Queste ricerche Visit in Person possono anche dipendere fortemente dal comportamento di ricerca locale. L’esempio di Google è la ricerca di “Tumeric” (la parola inglese per curcuma), dove gli utenti di Sunnyvale, California, possono cercare qualcosa di molto diverso dagli utenti di altre parti del mondo anglofono, perché a Sunnyvale c’è un ristorante con quel nome.

Per rispondere alla domanda se una query di ricerca rientri o meno nella categoria dell’intento Visit in Person dell’utente, Google fornisce il seguente consiglio: “Usate il buon senso quando pensate se una ricerca possa avere un intento Visit in Person”.

Ricerche Multiple User Intent

Non tutte le query di ricerca possono essere classificate in una sola categoria di intenti di ricerca. Molte query possono essere composte da diverse intenti di ricerca.

Un esempio di questo intento è riportato in seguito, nel paragrafo “Confini poco definiti”.

Per queste ricerche con intenti multipli, Google chiede di usare anche il proprio giudizio per decidere quale intento di ricerca sia più probabile per il proprio gruppo target.

Quanta importanza ha l’intento di ricerca per Google?

Google ricava la maggior parte del suo profitto dalla pubblicità. Tuttavia, un nuovo studio dimostra che solo un buon 7% dei click è destinato agli annunci: la maggior parte delle ricerche effettuate su Google non contiene quindi annunci e non offre alcuna opportunità di monetizzazione per Google. Inoltre, vi è la restrizione che Google visualizza un massimo di 10 risultati organici e 7 commerciali per pagina, creando così un collo di bottiglia.

Tuttavia, per queste query non commerciali, è altrettanto importante che Google fornisca agli utenti il miglior risultato (percepito) possibile, in modo che continuino a utilizzarlo come motore di ricerca e non passino a un’alternativa.

Solo quando Google riconosce l’intento di una ricerca, è possibile visualizzare i risultati che più probabilmente soddisfano l’intento dell’utente e quindi rappresentano un buon risultato per chi cerca.

Immagina di voler cercare le più belle destinazioni di viaggio negli Stati Uniti (aspettandoti resoconti e consigli di viaggio, e quindi una ricerca informativa), ma Google ti mostrasse solo pagine di alberghi: certamente ti sentiresti frustrato perché il tuo intento di ricerca non è stato soddisfatto.

Stesso discorso nel caso cercassi siti dove acquistare le ultime Air Jordan (una ricerca “Do”, di tipo transazionale) e Google ti mostrasse nella prima pagina solo recensioni della scarpa prese da riviste di tendenza. Anche in questo caso il tuo intento di ricerca non è stato preso in considerazione.

Perché dovrei preoccuparmi dell’intento dell’utente?

Come spesso accade nella vita, è molto difficile, se non impossibile, accontentare tutti con un articolo o un altro tipo di contenuto. È però appunto ragionevole allineare la propria offerta alle aspettative degli utenti a cui il tuo contenuto dovrebbe rispondere.

Se presumi che i tuoi visitatori vogliano scoprire le più belle destinazioni di viaggio degli Stati Uniti, dovresti rispondere proprio a questa intenzione senza cercare a tutti i costi di vendere un viaggio.

In generale possiamo affermare che le ricerche informative possono probabilmente rivolgersi a un pubblico molto ampio, per questo dovrebbero essere collocate a uno dei livelli superiori dell’imbuto di marketing. Le ricerche transazionali, invece, si collocano molto spesso all’estremità inferiore dell’imbuto, poiché in questo caso il visitatore sa già cosa desidera e deve solo decidere dove effettuare la transazione.

Le ricerche di navigazione si estendono dalla metà alla fine dell’imbuto, in quanto gli utenti sanno già da quale sito vogliono ottenere le informazioni. Per questo gruppo di intenti, è importante per il webmaster del sito trasformare i visitatori in clienti.

Confini poco definiti

Purtroppo, l’intento dell’utente non può essere chiaramente classificato come transazionale, informativo o navigazionale per ogni query di ricerca. Quando lo studio della Penn State citato in precedenza è stato pubblicato nel 2008, uno dei punti chiave era quello di restringere il campo all’80% delle ricerche di tipo informativo, al 10% transazionale e al 10% di navigazione.

Negli ultimi 15 anni sono successe molte cose sul fronte dei motori di ricerca e Google è diventato molto più bravo a identificare, misurare e incorporare l’intento dell’utente nello stilare i risultati di ricerca.

Ci sono molte query di ricerca che consistono in un mix d’intenti diversi, che Google definisce come ricerche “multi-intento”. Questo comportamento è visibile ad esempio quando si cerca la keyword “fiera”:

esempio ricerca multi intent

In questo caso, gli utenti hanno dimostrato a Google che non c’è solo un intento dietro questa ricerca. Alcuni cercano informazioni sulle fiere, una ricerca “nota” che Google mostra attraverso i risultati di Wikipedia.

Altri, invece, vogliono raggiungere i siti delle fiere che si trovano nelle vicinanze (nel nostro caso Milano) o più lontane. Non è chiaro se si tratti di una richiesta Know o Website.

In questa pagina dei risultati di ricerca (SERP) vediamo quindi un ibrido tra gli intenti di ricerca “know” e “website”: una ricerca d’intento “Multiple User“.

Conclusione

Solo sapendo cosa spinge un utente a iniziare una determinata ricerca puoi fornirgli i risultati migliori possibili. È fondamentale capire le esigenze dei visitatori del tuo sito, perché solo così potrai costruire una strategia che crei i contenuti giusti per il pubblico di riferimento.

Fortunatamente, Google stesso fornisce ottime indicazioni sugli intenti di ricerca dei suoi utenti. È sufficiente inserire la parola chiave nella barra di ricerca e osservare i primi 10 risultati: quali tipi di siti e quali contenuti vengono mostrati?

07.03.2024